Come sai, noi ci occupiamo di comunicazione. E quando si parla di comunicazione, soprattutto con i non addetti ai lavori, spesso vediamo profilarsi negli sguardi immagini evocative di mondi popolati di glamour, fascino, atmosfere suggestive, uffici attici strabordanti di modelle e modelli, cocktail party e abiti da sera.
Peccato che poi, per l’amor di precisione che ci contraddistingue, non possiamo fare a meno di precisare che “sì, ci occupiamo di comunicazione ma per il B2B, ovvero per aziende che producono per altre aziende“. Ecco, lì, immediatamente, il sogno si sgretola: modelle e modelli si trasformano in attuatori, i set sulla spiaggia in capannoni industriali e quella che sembrava una professione da rivista patinata assume i toni grigiastri della noia e della fabbrica.
Comprensibile, per carità, però non esageriamo!
La comunicazione per il B2B può essere bellissima e te lo dimostreremo in questo articolo.
Affronteremo infatti i 3 stereotipi più comuni che riguardano la comunicazione B2B e che ti dimostreremo che, anche se siamo di parte, abbiamo le nostre buone ragioni per considerarla uno spazio incredibilmente innovativo, creativo e persino sexy (almeno per come la intendiamo noi!).
Ready?
Cos'è la comunicazione per il B2B?
Effettivamente stavamo dando per scontato una premessa importante: che differenza c’è fra B2C e B2B?
La risposta è semplice: con B2C si indicano le aziende che forniscono beni o servizi direttamente rivolti al consumatore finale; le realtà operanti in ambito B2B, invece, si rivolgono ad altre aziende, a cui forniscono, per esempio, materie prime, componenti o servizi utili a realizzare i suoi prodotti.
Se passiamo al piano commerciale, nel primo caso avremo quindi un rapporto fra impresa e persona fisica, nel secondo fra un’impresa A e un’impresa B.
Dal punto di vista della comunicazione, ciò ha ovviamente ricadute importanti. Partiamo dalla più ovvia: chi ha la responsabilità di scegliere il fornitore per l’azienda per cui lavora non può agire d’impulso, né può essere spinto all’acquisto da meccanismi spesso usati ambito B2C, quali per esempio quello, celeberrimo, della scarsità.
Detto questo, però, non dobbiamo cadere nell’errore di immaginare il mondo della comunicazione B2B come un universo completamente altro rispetto a quello in cui ci troviamo.
Molti degli stereotipi che riguardano la comunicazione B2B si basano infatti su una percezione diffusa, ma non necessariamente rappresentativa della realtà, degli attori e delle attrici del mercato del business to business, che porta a pensare che costoro ragionino, scelgano e agiscano esclusivamente basandosi su dati tecnici, serietà e brochure in scala di grigi.
La verità è che, benché ovviamente il B2B sia differente dal B2C e abbia bisogno di specifici accorgimenti per essere raccontato e comunicato, chi concretamente riceve i messaggi che inviamo è sempre e comunque una persona e, di conseguenza, saranno sempre gli stessi meccanismi psicologici a muoverne e determinarne le scelte e l’agire.
Entriamo però nello specifico.
I 3 stereotipi più comuni sulla comunicazione B2B
1. La comunicazione per il B2C dev'essere creativa SEMPRE, quella per il B2B MAI
Ne abbiamo già parlato in questo articolo di Andrea Virzì: esattamente come le aziende B2C, anche le aziende B2B hanno bisogno di catturare l’attenzione del loro target e far venire voglia di approfondire la conoscenza. La creatività può essere un elemento vincente per distinguersi dai competitors e imprimersi nella mente delle/dei decision maker su cui vogliamo fare colpo.
Certo, a monte ci dovranno essere un accurato lavoro di individuazione e studio del profilo del target di riferimento e un attento esame del contesto di mercato, ma fidati che un’idea originale e ben realizzata funziona SEMPRE, B2C o B2B che sia.
2. Il target B2B non frequenta i social
Citando l’articolo di Luca Bassanello (@SinfoniaLab) “E le banane non hanno la buccia gialla e non crescono sugli alberi.”
Diciamo che, se nel 2024 a livello globale più del 67% della popolazione ha profili attivi sui social media (il che significa 266 milioni di utenti in più rispetto al 2023), è quanto meno probabile che anche i decision makers del B2B almeno ogni tanto sui social ci bazzichino.
Chiaro, non è pensabile che acquistino tramite un ADV su Instagram, ma perché dobbiamo ignorare il fatto che i social possano dare grande visibilità al nostro brand B2B e che possano, come si dice in gergo, farci posizionare come “top on mind” nella mente del nostro target?
Il percorso che un’azienda deve compiere per raggiungere questo obiettivo è complesso, soprattutto per un brand B2B che lavora nell’ombra e che non ha chissà quanta visibilità (o magari nemmeno vuole perché si occupa di fasi delicate e/o riservate del processo industriale dei suoi clienti). I social, però, ci possono offrire grandi alternative per raccontare le nostre unicità e competenze, anche in maniera indiretta, sostanziando la nostra esperienza nel settore, mostrando quanto affidabili possiamo essere, raccontando azioni anche collaterali rispetto al business tout court, ma di grande impatto. Questo significa lavorare sull’awareness per uscire dall’anonimato e funziona alla grande, perché un brand che si è aperto al mondo e ha costruito per bene il suo racconto, non potrà che essere il primo a venire in mente al momento del bisogno.
3. In ambito B2B l'unica cosa che conta è la QUALITÀ
È vero, in ambito B2B la qualità è fondamentale: acquistare un cospicuo numero di componenti scadenti può andare ad inficiare pesantemente la performance di un’azienda e causare danni ingenti. Questo però non significa affatto che la comunicazione sia inutile orpello, fumo negli occhi di chi deve “badare al sodo”.
Recensioni, testimonianze dei clienti, tool che permettano di esplorare il catalogo di un’azienda, conoscerne i dettagli e le potenzialità, sono strumenti di comunicazione molto efficaci, che facendo leva sui principi dell’autorevolezza e del consenso rafforzano il legame fra un brand e i suoi potenziali o reali acquirenti o, addirittura, possono dare valore all’intera filiera: un produttore che utilizza componenti riconosciute come “di qualità” risulterà più credibile e affidabile anche agli occhi del consumatore finale, che magari quelle componenti nemmeno sa dove siano collocate.
C’è da dire poi che la qualità, per quanto molto importante, non è proprio l’unica cosa che conta!
Ci sono, per esempio, la possibilità di customizzazione, la rapidità dei tempi di consegna, il servizio post-vendita, la fase cosiddetta di “delight” in cui si coccola il cliente già acquisito per rafforzare il legame e fidelizzarlo.
Queste cose possono essere raccontate e fornite in modo creativo, digitale e convincente, come e meglio di quanto farebbe un commerciale tradizionale che gira di azienda in azienda con la sua valigetta.
Inoltre, grazie alla comunicazione un brand può raccontare la sua personalità e farsi percepire come simpatico, affidabile, attento, meticoloso in sé, a prescindere da chi fisicamente porterà poi avanti la trattativa (che, certo, sarebbe carino desse corpo agli stessi valori che l’azienda promuove negli altri ambiti della sua comunicazione).
INSOMMA: la comunicazione B2B è davvero così noiosa e limitante?
Spero tanto che, a questo punto, la tua risposta sia un convinto “no”!
La comunicazione B2B può e deve essere intelligente, consistente, accurata, il linea con il contesto di mercato in cui si agisce. Ma noiosa, quello proprio no. Non deve esserlo in generale e, men che meno, deve esserlo quella della tua azienda.
I recenti trend dimostrano come la distanza fra marketing B2C e B2B si stia riducendo e che molte strategie e molti strumenti che prima caratterizzavano esclusivamente il primo ambito stiano migrando anche nel secondo. Ne consegue che un approccio il più possibile attento alle tendenze e alle innovazioni comunicative può risultare utilissimo anche per aziende che fino a qualche anno fa erano lontane anni luce dai meccanismi della comunicazione B2B, ovvero da ADV, social, influencer o tool digitali in grado di far esplorare, configurare e addirittura ordinare prodotti in autonomia e senza l’intermediazione di un venditore.
Si tratta di un cambio di paradigma importante, che, come spesso accade, sono i giovani ad intercettare più prontamente.
A riprova di questo, mi fa piacere chiudere l’articolo con un esempio concreto recente: la tesi di laurea triennale in Scienze della Comunicazione realizzata da Martina Ippolito, dell’Università degli Studi dell’Insubria, dal titolo “Strategie di comunicazione delle rubinetterie del Lago d’Orta: il caso dell’azienda Fantini”. Sono venuta a conoscenza di questo lavoro grazie ad un articolo pubblicato sul blog di Ecomuseo Cusius, l’ Ecomuseo del lago d’Orta e del Mottarone diretto da Andrea Del Duca che spesso fa da cassa di risonanza per gli eventi del territorio.
La tesi di Martina è dimostrazione di come un mercato che non è forse il primo ad affiorare alla mente se si parla di comunicazione, e che certamente è più vicino ai contesti B2B che a quelli B2C, abbia attuato strategie così interessanti dal punto di vista della comunicazione aziendale da farne, cito, “uno degli elementi chiave che influenzano la percezione, la strategia e il successo delle imprese presenti nella zona del Lago d’Orta.”. E, aggiungo io, da attirare l’attenzione di una giovane dottoressa che, evidentemente, sulla comunicazione B2B la pensa proprio come noi 🫶.
SITOGRAFIA:
Bassanello L., 9 maggio 2017, I 3 peggiori pregiudizi sul Web Marketing delle aziende B2B, Sinfonialab.it, consultato nel febbraio 2024
Cos’è il marketing B2B? E come si differenzia dal B2C, Insidemarketing.it, consultato nel febbraio 2024
Principi base del marketing B2B, Salesforce.com, consultato nel febbraio 2024
Una tesi di laurea dedicata alla comunicazione delle rubinetterie sul lago d’Orta, articolo di EcomuseoCusius.blogspot.com, consultato nel febbraio 2024
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