Momento storia
Partiamo da un piccolo aneddoto: ho studiato allo IAAD di Torino, scuola di design e comunicazione con una direzione decisamente artistico-estetica-centrica (almeno ai miei tempi). La comunicazione per noi era sì strategia e obiettivi, ma anche e soprattutto trovare la strada alternativa, pensare fuori dagli schemi, creatività a mille. Tutto bellissimo direte. E crescendo dentro questa scuola pensavo che questa fosse la comunicazione. Ovviamente in parte lo è, ma la vita aveva altri piani per me.
Dopo gli studi ho da subito cominciato a lavorare qui Marcopolo. Agenzia B2B. Ovviamente avevo studiato cosa volesse dire, ma l’impatto fu decisamente straniante. Ricordo che, dopo circa sei mesi, mi trovavo a una fiera a cui eravamo andati come agenzia. Fiera B2B. E mentre passeggiavo tra gli stand ricordo di aver chiamato mia madre. Ero disperato, non capivo niente di quel mondo, mi sembrava così diverso e, in un certo senso, noioso. Mentre si alternavano stand di macchinari industriali pensavo solo che non era decisamente quello ciò per cui avevo studiato e volevo scappare da lì. Ero caduto, come molti, nel pensiero comune che il B2B è un mondo incapace di divertirsi ed essere creativo. Adesso, dopo anni, mi rendo conto di quanta creatività, invece, ci sia e serva. Fine del racconto.
Il B2B è veramente noioso?
Molte persone potrebbero considerare il marketing B2C più “cool” rispetto a quello B2B, a causa della sua focalizzazione su prodotti trendy e accattivanti per il consumatore medio. Dopotutto, nel B2C la maggior parte delle aziende non ha paura di investire nel marketing e nella creatività perché comprende che “marketing = vendite”, caso più, caso meno. Nel B2B, invece, i processi di vendita sono più lenti e lunghi, non basta avere il prodotto accattivante, ci sono molti parametri che le aziende devono tenere in considerazione. Inoltre, spesso la comunicazione B2B risulta “fredda” perché si pensa che questo aumenti la credibilità aziendale.
Ma molti tra i più grandi marchi B2B dimostrano come la creatività sia l’elemento chiave per colpire una parte importantissima per un possibile acquirente: le emozioni. Un elemento che spesso si perde, semplicemente perché si pensa che i rapporti siano esclusivamente tra un’azienda e un’altra e ci si scorda che le aziende, anche le più grandi, sono composte da persone. Concentrare l’attenzione sulle relazioni umane autentiche, può aiutare a introdurre la componente emotiva nella comunicazione B2B.
Ok, fammi un esempio allora
Avete mai sentito “Like a Bosch“? Forse avrete visto la pubblicità in tv o tra qualche advertising su youtube. Ebbene, mentre vi sarà rimasta in testa la voce di J-Ax che esclama il claim, questa campagna nasce per promuovere soluzioni IoT offerte dal colosso tedesco anche, e soprattutto, in ambito manifatturiero (vedetevelo, vi strapperà un sorriso, poi l’attore protagonista è un’icona, qui il link). Certo, il nome aiuta con la sua assonanza con boss, ma ci vuole anche coraggio a lanciarsi in questo tipo di campagne. Questo dimostra come ci sia sempre spazio per l’idea innovativa, per lo storytelling forte e memorabile.