Comunicazione B2B che parla al B2C: perché puntare al consumatore?
Parlare a un pubblico ampio è una leva strategica anche per le aziende B2B: rafforza la brand authority e valorizza l’employee branding. In questo articolo scopriremo perché e vedremo alcuni esempi concreti.
Negli ultimi anni, molte aziende tradizionalmente B2B (business-to-business) stanno adottando strategie di comunicazione tipiche del B2C (business-to-consumer).
È un fenomeno nato da esigenze diverse ma convergenti: dalla costruzione della reputazione alla brand awareness, dall’employer branding alla responsabilità sociale d’impresa (CSR). In questo articolo esploriamo perché il confine tra comunicazione B2B e B2C si stia facendo sempre più sottile e come alcune aziende – da Bosch a GE, IBM, 3M e Festo – abbiano costruito campagne memorabili, capaci di raggiungere e coinvolgere un pubblico molto più vasto rispetto al solo mercato industriale.
Perché le aziende B2B iniziano a comunicare al pubblico consumer?
Le 5 motivazioni principali dietro questa tendenza sono:
- Crescita verso nuovi target: molte aziende B2B puntano a nuovi segmenti di business (consumer, “prosumer” o piccole imprese) per diversificare i ricavi. Parlare anche al consumatore finale permette di far conoscere prodotti e soluzioni ad un pubblico più ampio, che include potenziali clienti indiretti o futuri decision maker. In un mercato sempre più interconnesso, i confini tra chi è utente finale e chi è buyer industriale si sfumano: il passaparola e l’interesse del pubblico generalista possono infatti aprire opportunità inaspettate lungo la filiera.
- Maggiore visibilità e differenziazione del brand: aumentare la brand awareness – la notorietà del marchio – è fondamentale anche nel B2B. Un’azienda riconoscibile non solo nel proprio settore ma anche dal pubblico generalista ottiene un vantaggio competitivo notevole: attira l’attenzione, stimola curiosità e rafforza la fiducia. Non a caso, in una ricerca Dentsu la priorità di “elevare la notorietà del brand” è balzata dal 6° posto nel 2021 al 1° posto nel 2024 tra gli obiettivi dei marketer B2B . Uscire dall’ombra e comunicare in modo più “pop” differenzia il brand dai competitor che “suonano tutti uguali” agli occhi dei clienti.
- Attrazione di nuovi talenti (employer branding): oggi i professionisti, soprattutto le nuove generazioni, scelgono dove lavorare anche in base alla comunicazione e ai valori del brand. Per troppo tempo il mondo B2B è stato percepito come “freddo” o puramente tecnico; adottare un tono più umano, inclusivo e autentico aiuta a posizionare l’azienda come un luogo di lavoro desiderabile. Mostrarsi innovativi e attenti ai temi sociali paga: si pensi che il 49% degli appartenenti alla Gen Z valuta la posizione di un’azienda su questioni sociali come fattore importante nella scelta di un lavoro . Una presenza comunicativa vivace (magari sui social media, vedi caso IBM) può quindi attrarre talenti in linea con la cultura aziendale.
- Rafforzamento della reputazione (ESG e sostenibilità): comunicare verso il consumatore permette anche di mostrare l’impegno dell’azienda in termini di sostenibilità ambientale, impatto sociale e trasparenza. In un mondo in cui i valori contano quanto i prodotti, condividere i propri progetti di CSR (ad es. certificazioni ambientali, economia circolare, welfare, diversity) significa rafforzare la reputazione del brand e costruire fiducia. Le aziende B2B che parlano pubblicamente dei loro sforzi in ambito ESG diventano più attraenti non solo per i clienti e i partner, ma anche per investitori e comunità locali, dimostrando di essere cittadini d’impresa responsabili.
- Costruzione di fiducia e autorevolezza lungo tutta la filiera: una comunicazione “aperta” e comprensibile a tutti aiuta a posizionarsi come leader autorevole nel proprio campo. Quando un’azienda B2B diventa familiare anche al grande pubblico, ne guadagna in credibilità presso tutti gli stakeholder: dai fornitori ai partner commerciali, fino ai decisori indiretti (es. influencer di settore, consulenti, operatori tecnici che consigliano soluzioni ai loro superiori). In pratica, si crea un effetto domino per cui la reputazione positiva filtra attraverso l’intera filiera. Un brand industriale percepito come solido e innovativo dal pubblico avrà più facilità nel convincere anche i decisori B2B più tradizionali, perché “nessuno viene licenziato per aver scelto un marchio noto”.
Aumentare la brand awareness nel B2B
La brand awareness – ovvero la notorietà del marchio – è spesso sottovalutata nel B2B, ma in realtà gioca un ruolo fondamentale anche nel business tra imprese. Un’azienda ben conosciuta non solo dagli addetti ai lavori, ma anche dal pubblico generalista, parte avvantaggiata in molti modi: attira più facilmente l’attenzione dei media, stimola la curiosità di potenziali clienti e partner e, soprattutto, ispira maggiore fiducia.
Quando Bosch lancia la campagna virale “Like a Bosch”, ad esempio, non sta parlando solo ai buyer industriali: sta costruendo un’immagine pop e memorabile che rende l’azienda familiare e innovativa agli occhi di tutti. Questa campagna – ispirata al meme “Like a Boss” (avevamo già trattato il tema dell’utilizzo dei meme nella comunicazione in un altro articolo)– ha totalizzato oltre 42 milioni di visualizzazioni su YouTube e Facebook nel primo mese dal lancio , trasformando Bosch da marchio percepito come tecnico a brand di tendenza anche presso i non specialisti. Un simile livello di visibilità trasversale crea un effetto alone positivo: il nome Bosch rimane impresso nella mente del pubblico, generando riconoscibilità che facilita le vendite sia nel B2C sia nel B2B.
In sintesi, nel B2B moderno farsi conoscere è tanto importante quanto farsi scegliere: costruire una forte brand awareness oggi è considerato un fattore chiave per il successo a lungo termine
CSR e reputazione: il valore del racconto
Aprirsi al pubblico consumer permette alle aziende B2B di raccontare la propria storia e i propri valori in modo più ampio. Questo è cruciale in un’epoca in cui “people don’t buy what you do, they buy why you do it”. Mostrare l’impegno su sostenibilità ambientale, impatto sociale ed etico attraverso una comunicazione divulgativa aiuta a umanizzare il brand e a costruire reputazione. Nel B2B tradizionale, questi temi rischiano di rimanere chiusi nei bilanci o nei rapporti annuali; rivolgendosi anche al consumatore finale, invece, l’azienda può condividere risultati e iniziative di CSR in modo narrativo ed emozionale. Per esempio, un produttore industriale potrebbe pubblicare video sul riciclo dei propri scarti di produzione, oppure una azienda tech potrebbe diffondere storie sul proprio programma di formazione STEM per giovani. Questi racconti ampliano la platea di chi conosce e apprezza il brand, creando un capitale reputazionale che va oltre la mera qualità dei prodotti. Il beneficio è duplice: da un lato si rafforza la fiducia lungo tutta la filiera (perché anche i clienti B2B leggono le notizie e apprezzano chi ha buona fama); dall’altro l’azienda si posiziona come attore responsabile nella società, attirando l’attenzione positiva dei media e mitigando eventuali rischi di reputazione in momenti di crisi. Insomma, raccontare il perché delle proprie scelte di sostenibilità rende il marchio più credibile, trasparente e solido agli occhi di tutti.
Employer branding: attrarre i talenti con un tono nuovo
Un tempo le aziende B2B comunicavano poco di sé al grande pubblico, risultando magari poco attraenti per chi non le conosceva “dall’interno”. Oggi questo sta cambiando rapidamente: la comunicazione corporate si fonde con quella employer branding e adotta toni più caldi e informali per mostrarsi “da dentro” anche ai non dipendenti.
Per attrarre nuovi talenti, soprattutto tra i millennial e la Gen Z, un’azienda deve apparire innovativa, inclusiva e in linea con i tempi. Ciò significa usare i canali giusti (LinkedIn ma non solo: sempre più B2B sperimentano Instagram, TikTok, YouTube) e un linguaggio meno istituzionale. Condividere storie dei dipendenti, momenti di vita aziendale, valori e cultura organizzativa aiuta a sfatare il mito della società B2B fredda e impersonale. Al contrario, mette in luce l’impatto concreto che il lavoro in quell’azienda ha sul mondo e sulle persone.
Un caso emblematico è IBM, colosso tech B2B che negli ultimi anni ha reso la sua comunicazione molto più “umana” e accessibile. IBM è attiva su TikTok e altri social con contenuti brevi, chiari e ironici, pensati per spiegare l’innovazione anche a un pubblico non tecnico. Con la campagna #ThinkLeaders, ad esempio, ha coinvolto i propri esperti in video di pochi secondi dove spiegano temi come l’AI o il cloud computing in modo semplice e intrigante 7 8 . Questa strategia di content edutainment ha ottenuto milioni di visualizzazioni 9 , posizionando IBM come un’azienda autorevole ma al tempo stesso vicina alle persone, persino a quelle che non compreranno mai direttamente i suoi servizi. Un effetto collaterale positivo? Un employer branding rafforzato: i giovani professionisti vedono che in IBM c’è fermento, creatività e dialogo con il pubblico, elementi che rendono l’azienda più attraente come luogo di lavoro.
In breve, mostrarsi autentici paga. I talenti vogliono sentirsi orgogliosi del brand per cui lavorano; una comunicazione B2B efficace anche verso l’esterno contribuisce a costruire questo orgoglio e a calamitare le persone che condividono gli stessi valori.
I migliori esempi di comunicazione B2B “aperta” al B2C
- Bosch – “Like a Bosch”: una delle campagne più iconiche di questo trend. Lanciata nel 2019, si basa su ironia, cultura pop e smart technology raccontate con tono fresco e divertente. Nei video un protagonista esegue azioni quotidiane “da boss” grazie a soluzioni Bosch (dalla casa intelligente all’auto connessa), il tutto accompagnato da un jingle rap accattivante. Il risultato? Bosch è riuscita a parlare di Internet of Things e innovazione con un linguaggio da meme, virale e comprensibile da tutti. La campagna #LikeABosch è diventata la più di successo nella storia dell’azienda, accumulando enorme visibilità online 5 e contribuendo a posizionare Bosch non solo come leader tecnologico B2B, ma come brand cool a 360 gradi.
- General Electric – “Unimpossible Missions”: GE, colosso industriale, ha trasformato l’innovazione in spettacolo con questa serie di video tecnici quanto divertenti. L’idea (nata intorno al 2016) è di mettere gli ingegneri GE alla prova con “missioni impossibili” ispirate a proverbi e modi di dire, per dimostrare che la tecnologia può rendere possibile l’impossibile. Ad esempio, in un episodio GE affronta la frase “quando gli asini voleranno” oppure la sfida di “salvare la classica palla di neve all’inferno”. I tecnici diventano una sorta di MythBusters con laurea avanzata: utilizzano i prodotti e le soluzioni GE per risolvere problemi assurdi, smentendo gli idiomi di improbabilità 10 . Questa campagna, realizzata con taglio cinematografico, ha reso affascinanti e accessibili al grande pubblico anche i contenuti più complessi, mostrando il lato creativo e “magico” dell’ingegneria GE. Una strategia di storytelling vincente che ha rafforzato la percezione di GE come azienda visionaria e problem-solver.
- 3M – campagna “Wonder”: 3M, gigante manifatturiero noto per i Post-it ma ancor più per i materiali high-tech che vende ad altre aziende, ha lanciato nel 2018 la global campaign “Wonder” per “meravigliare” il pubblico sulla scienza nella vita quotidiana. Basata sul motto “Science. Applied to Life.”, la campagna parte da domande curiose: “ti sei mai chiesto se le strade possano parlare agli autobus?”, “e se gli edifici potessero essere costruiti con del semplice nastro adesivo?”. Attraverso spot immaginifici, 3M mostra che dietro queste idee apparentemente folli c’è la sua tecnologia – ad esempio materiali che permettono strade intelligenti o nastri industriali ultra resistenti. Wonder ha lo scopo di evidenziare l’impatto inatteso che le soluzioni 3M hanno nella vita di tutti i giorni, facendo capire che “non siamo mai a più di tre metri di distanza da una invenzione 3M”. Il CMO di 3M Paul Acito ha spiegato che tutti, anche gli ingegneri o i medici che usano prodotti 3M al lavoro, “sono comunque consumatori” nella vita privata. Dunque la campagna ha un doppio obiettivo: far scoprire al grande pubblico che 3M è ovunque attorno a noi e al contempo umanizzare il brand, parlando alle persone come persone e non come segmenti di mercato. L’approccio ha contribuito a rendere 3M più friendly e conosciuto presso il pubblico generalista, rafforzando tanto la domanda consumer quanto il prestigio B2B.
- Festo – eMotionButterflies e robotica bionica: Festo è un’azienda tedesca leader nell’automazione industriale, quindi tipicamente B2B. Eppure ha saputo incantare il mondo intero con i suoi progetti di robotica bionica che sembrano usciti da un film di fantascienza. Un esempio suggestivo sono le eMotionButterflies: farfalle robotiche ultraleggere capaci di volare in sciame coordinate da un sistema intelligente 15 . Presentate in fiere tecnologiche e video dimostrativi, queste farfalle hi-tech combinano ingegneria e poesia, mostrando il lato estetico della robotica industriale. Allo stesso filone appartengono altri “animali” bionici creati da Festo (pinguini robot, meduse volanti, canguri meccatronici), tutti accomunati da un forte impatto visivo ed emozionale. Pur non essendo campagne pubblicitarie tradizionali, queste invenzioni funzionano come potentissimi strumenti di comunicazione verso il grande pubblico: i video virali delle farfalle e dei robot Festo accumulano milioni di visualizzazioni, finiscono sui media generalisti e fanno percepire Festo come azienda innovativa, creativa e persino artistica. In altre parole, Festo è riuscita a raccontare la sua competenza tecnica attraverso lo stupore e la meraviglia – e molte persone, anche fuori dal settore, ora conoscono il brand proprio grazie a queste sorprendenti dimostrazioni.
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